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FOTOGRAFIA DI TAZIO SECCHIAROLI |
Autunno, stagione mia
DAVID MARIA TUROLDO
AUTUNNO
Autunno, stagione mia,
ambita, invocata;
mio autunno senza foglie!…
I volti di pietra muti,
le strade nere di catrame,
gli uomini senza i colori
dell’estate sotto le cortecce del bosco;
cittadini senza stagioni
stranieri nelle proprie case!
E i mattini e le sere
salutate dai clacson;
e le vie nella notte,
meretrici inghirlandate.
Autunno, tempo di viandante
senza casa, tempo
della mia solitudine!
Un cerchio dalla periferia
presto si dovrà stringere
su tutta la città; il primo
filo di nebbia anonima, invitta.
E nel cuore del bimbo
il brivido di una vita
che presto maledirà.
(da Udii una voce, Mondadori, 1952)
.
È l’autunno la stagione di David Maria Turoldo, questo autunno cittadino che si spoglia delle foglie e trasforma la città in un grigio labirinto d’asfalto e di nebbia dove le automobili scivolano “su vie bagnate dalla pioggia d’autunno / uguali al guizzo di una serpe / in cerca di una tana”. Come chiosa Luciano Erba, “è il sottile momento della seduzione del Nulla, dentro uno struggente richiamo di colori autunnali, novembrino, tipico, si direbbe, di qualsiasi poesia giovanile; senonché si annuncia qualcosa di più del solito dolce naufragare, molto di più: si profila una disincantata e diretta percezione del Tutto e del suo contrario”. Il poeta altri non è che un “poverello, cariatide / incosciente, immensa / sotto il monumentale pronao del tempio”.
da Canto delle sirene
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